di Sr. Veronica, ocso
In una zona rurale al confine con il Libano del Nord. Accanto due villaggi cristiani, tutt’intorno villaggi musulmani, sciiti e sunniti. Cinque sorelle dal Monastero cistercense di Valserena (Pisa – Italia): cosa ci fanno un pugno di monache di clausura in territorio musulmano, in tempi così duri?
Sono presenti dal 2005, dopo che l’Ordine Cistercense si è sentito interpellato dalla morte dei sette monaci rapiti e uccisi a Tibhirine, in Algeria a raccogliere la loro eredità, vivendo la Regola di San Benedetto in un contesto in cui i cristiani sono minoranza.
Diciotto anni, sufficienti a vivere in prima persona la parabola di dolore della Siria.
Al loro arrivo le Sorelle sono state accolte da un Paese in piena crescita, con contraddizioni, ma anche ricchezze culturali, religiose, umane, spirituali. C’era tolleranza. Una capacità di stare insieme nella diversità, cosa che la guerra ha cercato di spezzare in ogni modo.
In Occidente non è mai stato facile capire il conflitto siriano, tra informazioni montate ad arte e un arcipelago d’interessi in gioco. La guerra insegna che bene e male non stanno mai da una parte sola e che non puoi mai giudicare dalle apparenze. La guerra è stata orchestrata a tavolino e strumentalizzata da poteri regionali e internazionali, per interessi economici e geopolitici. A nessuno interessano i diritti dei popoli; altrimenti, invece di riempire la Siria di armi, si sarebbe lavorato per far crescere la coscienza, la cultura, la formazione. E invece ci ritroviamo ad assistere a un martirio senza fine, fatto oggi di sanzioni, furti e soprusi che generano una povertà sempre più nera.
Per anni le Sorelle hanno passato le notti in dormiveglia, attente ai movimenti dei mercenari che entravano dal Libano. Hanno vissuto lo sconforto al pensiero che la Siria non ce l’avrebbe fatta. La guerra è stata un passaggio profondo alla radice della vocazione tuttavia sempre sono rimaste. In tutti questi anni, chicco dopo chicco, hanno costruito un luogo bello per accogliere chiunque cercasse pace.
La preghiera liturgica, il lavoro e l’accoglienza scandiscono la loro giornata. La gente accorre sempre numerosa al monastero di pietra e di spirito, nel deserto della povertà. Si prega, si condivide, si parla nei limiti della comprensione della lingua araba. Ad alcuni si tenta di offrire un lavoro e un compenso che consentano la sopravvivenza familiare.
Quando la situazione ha iniziato a ritrovare un equilibrio, pur nella diffusa povertà causata dalle sanzioni contro la Siria, dopo aver attraversato anche il tunnel del Covid e del colera, si era iniziata la costruzione di un vero edificio monastico e di una chiesa che potesse essere Casa per tutti. Le Sorelle si sono tanto interrogate se non fosse follia, in una tale situazione di bisogno materiale. Però chi vive l’esperienza monastica sa che là dove più nascono domande sulla vita e sulla morte, quello è il posto giusto per un monastero. Si percepisce in Siria, tra la gente, una sete spirituale profonda. C’è bisogno di spazi per accogliere questa sete e ricostruire le persone. Alcuni generosi benefattori si sono provvidenzialmente presentati e così la costruzione è cominciata.
La gente, in quel Paese, è abituata al fatto che chiunque abbia messo piede in Siria in questi anni prendeva qualcosa per sé: risorse, potere, vendetta. Al contrario, il piccolo monastero cistercense vuole essere una presenza diversa, gratuita, abitata da cuori che tutto hanno lasciato per amare un Paese non loro, imparare una lingua e una cultura lontani e tentare di vivere la speranza di un sì sempre rinnovato a Dio.
In quelle terre Dio non è una presenza astratta e privata, ma vive nella vita di tutti, cristiani e musulmani, così che, pur nella dissipazione di un mondo globalizzato, il rimando a Lui è sempre possibile e familiare. Certo, potevano rimanere in Italia e pregare per tutti, ma quei luoghi risuonano di echi profondi, di una storia antica. E inserirsi in questa Grazia lo considerano un privilegio e un onore.
Oggi tutti ci fermiamo attoniti di fronte al mistero di un terremoto feroce come pochi altri, che ha mietuto innumerevoli vittime in una sola notte, tra gente che da 12 anni aveva resistito a infinite prove.
Che senso abbia tutto questo lo domandiamo a quel Dio, Creatore e Redentore, che non smettiamo di sentire Padre.
Dagli uomini di potere esigiamo invece clemenza, quella vera: l’eliminazione delle sanzioni e non solo parole di cordoglio.
Dalle immagini rilanciate in tutto il mondo chiunque può constatare che chi soffre sono i poveri, la gente normale, che a fatica riesce a mangiare e scaldarsi in questo ennesimo inverno, e in quest’ora tragica vede la vita e gli affetti perire sotto macerie che pare impossibile rimuovere per la scarsità dei mezzi a disposizione.
Noi, con le nostre Sorelle in Siria, non smettiamo di sperare.
Il sale delle sanzioni sulle ferite del terremoto. Adesso basta!
Basta parole a vuoto, ADESSO è il momento di togliere le sanzioni alla Siria …
Ci uniamo all’appello di P. Bahjat parroco di Aleppo, di tanti altri, ripetiamo le parole che spesso anche noi abbiamo pronunciato e scritto senza che nulla cambiasse: ORA SI DEVONO TOGLIERE LE SANZIONI ALLA SIRIA! ADESSO!! SUBITO!
Le parole di conforto di tanti di voi che oggi sono vicini alla nostra gente, i gesti di aiuto con cui vi fate presenti, fanno bene al cuore… riscaldano, nel freddo che domina in mezzo alle macerie. E la gente è grata del vostro aiuto. Grazie, grazie veramente.
Ma le parole di cordoglio di tante istituzioni fanno reagire: dove eravate in questi anni, voi che avreste potuto fare una grande differenza, quando giorno dopo giorno la nostra gente è arrivata letteralmente a morire di fame? Certo, non solo le sanzioni hanno portato a questo …
Ma ANCHE le sanzioni, e pesantemente.
Certo, si muore sotto le macerie anche se si sta bene, anche se c’è il cibo in casa… Ma se le condizioni generali della gente non fossero state così disperate, oggi ci sarebbero più mezzi per scavare nelle macerie, e salvare ancora qualcuno. Ci sarebbero ospedali più attrezzati, farmacie fornite di tutto il fabbisogno. Più case capaci di accogliere i rifugiati, ci sarebbero anche qui più persone con lavoro e risorse per aiutare i propri fratelli.
Senza dimenticare che, sì, il terremoto è una tragedia immane, che colpisce i nostri cuori e la nostra mente… Ma anche nelle zone non troppo colpite c’è tanta gente che ha bisogno, che muore di fame, oggi come ieri, perché la fame, l’incapacità di far fronte alle malattie per il costo dei medicinali, e tutto il resto esistevano anche prima di questo 6 febbraio …
Ci voleva tutto questo per far aprire gli occhi sulla tragedia siriana, di cui nessuno parlava più da tempo? … C’era già un terremoto, più silenzioso ma non meno devastante, che da anni scuoteva la vita e il futuro di questa gente.
I morti sono morti, li affidiamo a Dio e alla sua Misericordia, che illumina anche ciò che noi non comprendiamo. Ma i vivi hanno bisogno di una speranza tangibile e concreta che la vita si possa ricostruire. La cosa che più colpisce in questo momento è lo sgomento che invade le persone, lo smarrimento davanti a tutto questo. Gli amici di Aleppo, di Lattakie, da cui abbiamo notizie per telefono, hanno tutti una nota pesante nella voce: hanno macerie non solo davanti agli occhi, ma nel cuore. Anche queste hanno bisogno di essere rimosse, sollevate in qualche modo.
Per favore, alzate la vostra voce PERCHÉ SI TOLGANO SUBITO LE SANZIONI.
Che almeno la tragedia e la sofferenza di tanti morti che ancora sono sotto le macerie serva ad aiutare la speranza dei vivi.
E poi, sì, c’è la preghiera, c’è la fede. Pregate per il nostro popolo, pregate con la nostra gente.
Non potremmo dirlo noi, che a parte la paura grande siamo state risparmiate da questo terremoto; ma un amico di Aleppo, venuto a stare da noi perché la sua casa è inagibile, ci diceva ieri: “che almeno tutto questo serva a riavvicinare la gente a Dio! Se la fede è debole, le persone si allontaneranno ancora di più dal vero bene. Ma se almeno tutto questo servisse a riportarci a Dio!”.
Torniamo a Dio, e forse si illuminerà un po’ anche la nostra ragione, e il nostro agire …
E grazie a tutti coloro, e sono tanti, che in questo momento pregano e operano con il cuore in mano.
Suor Marta e le Monache Trappiste di Azer-Syria
Per donazioni in aiuto alle popolazioni colpite dal terremoto in Siria
INTESA SANPAOLO
intestato a Monastero Cistercense di Valserena
IBAN: IT10K0306909606100000002045
BCITITMM
Causale: Terremoto
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Per chi ha bisogno della ricevuta valida per la detrazione può fare la donazione attraverso l’associazione Nostra Signora della Pace specificando bene la causale. (deducibili dalle tasse ai sensi del D.L.G. 460/97)
INTESA SANPAOLO
intestato a: Associazione Nostra Signora della Pace
IBAN: IT61M0306909606100000002047
BCITITMM
Causale: Terremoto