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Casa di Formazione comune

Casa di Formazione comune

di Sr. Sara Maria Cozzolongo

 

Non sono uno storico, ma amo ascoltare le storie.

Tante sono le storie legate alla Casa di Formazione comune delle Monache Agostiniane d’Italia, sorta a Roma nel 1971; tante storie almeno quante sono le Monache che ci sono passate. Alcune storie sono edificanti, come i molti racconti degli inizi, quando si viveva il grande entusiasmo della riscoperta del carisma, quando la casa era tutta da allestire e al posto degli armadi c’erano le scatole. Oppure i racconti legati alla Comunità ospitante, quella dei SS. Quattro Coronati, Comunità anziana e a tratti sospettosa per tante novità, ma sempre generosamente accogliente.

Altre storie sono divertenti, come i molti aneddoti di cui sono ricche le realtà vive e variegate. E tra queste alcune sono semplicemente incredibili, come quella della Novizia che, avendo deciso di lasciare il cammino intrapreso, invece di comunicarlo alla Maestra e alla Comunità prendendo normalmente la via della porta, fuggì rocambolescamente infilandosi nella ruota.

Altre infine sono dolorose, dal momento che non mancarono incomprensioni e sofferenze nell’incontro di persone provenienti da diverse Comunità, diverse abitudini, diverse comprensioni dello stesso stile di vita, e non manca mai – nell’umana convivenza – la dimensione del peccato.

La Casa di Formazione costituisce un frutto maturo di un cammino iniziato il 1° luglio 1953 con la costituzione della Federazione dei Monasteri Agostiniani d’Italia. Cammino di conoscenza, di collaborazione e di intesa tra le Comunità contemplative dell’Ordine di S. Agostino. La Casa di Formazione ha rappresentato per più di 40 anni il centro della formazione iniziale e permanente per tutte le Monache della Federazione; ma soprattutto ha rappresentato il luogo di incontro e di conoscenza di generazioni di Sorelle, ha creato una rete di amicizie durature e feconde.

Fare un bilancio di questa esperienza non è semplice. Essa si è conclusa nel 2014 per una serie di fattori. Hanno inciso certamente il fattore numerico, mancando un numero di candidate sufficiente per giustificare l’impegno; ma anche i dubbi circa l’opportunità di far trascorrere un tempo prolungato fuori dalla Comunità di appartenenza a Novizie e Professe, nonché perplessità sul come poter offrire un accompagnamento e un discernimento che potesse comprendere, oltre allo sguardo indispensabile sulla persona, anche la considerazione della realtà specifica (la Comunità di provenienza) che la candidata si preparava ad abbracciare; naturalmente non è mancata la preoccupazione, sempre presente, che giovani in formazione potessero essere affascinate o abbagliate da Comunità più attraenti della propria… Dico che si è conclusa, ma aggiungo che non mancano riflessioni che vanno nella direzione di un suo ripristino, almeno parziale.

La Casa di Formazione era pensata per una presenza piuttosto stabile nell’arco dei 4 anni (allora!) di formazione iniziale: l’anno di Noviziato canonico era vissuto interamente nel Noviziato comune, e per i 3 anni di Professorio le Sorelle rimanevano a Roma per il semestre dei corsi. I corsi erano quindi strutturati in maniera ciclica sul percorso dei 4 anni, e prevedevano gli insegnamenti fondamentali di teologia, spiritualità, Sacra Scrittura, S. Agostino, liturgia, ecc.

Penso che l’apertura, come anche la chiusura della Casa di Formazione, vadano lette nel quadro di una storia ecclesiale e sociale. Negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, quando la Chiesa ripensava se stessa e invitava la Vita Religiosa a riscoprire le proprie fonti, l’avventura del convergere nella Federazione e di ricercare insieme una identità carismatica attraverso la Casa di Formazione comune, abbiano rappresentato l’espressione di un desiderio di autenticità, e di una fiducia nel futuro che poggiavano anche – non solo – su una certa consistenza numerica e di “prestigio”.  Tra le voci che mettono in dubbio l’esperienza della Casa di Formazione c’è chi, guardando alle nostre fatiche attuali nel perseguire un cammino comune, si domanda lecitamente che esito abbia dato l’esperienza pluridecennale del formarsi insieme. Ma forse quello che appare come il frutto mancato di un lungo percorso, si può attribuire anche al clima culturale completamente cambiato: un tessuto sociale sempre più fragile, segnato da un individualismo sempre più esasperato, costituiscono in effetti l’aria che tutti respiriamo e che segna pesantemente anche la vita religiosa. É vero, facciamo fatica a camminare insieme, e siamo più o meno apertamente convinte che prima venga lo specifico della nostra Comunità, il proprio di una comprensione del carisma, da custodire lì dove ci troviamo; solo in seconda battuta viene una ricerca identitaria comune nella quale forse non crediamo più tanto.

Eppure rimane una ricerca sincera di una specificità carismatica delle Monache Agostiniane, una ricerca seria e anche appassionata, anche se piuttosto ramificata.

Rimane il ricco patrimonio musicale che attraverso la Casa di Formazione abbiamo condiviso, a partire dal tesoro dal preziosissimo sussidio per il canto delle Lodi e dei Vespri che contiene inni, antifone e toni salmodici per la Liturgia delle Ore in lingua italiana, strumento che ci consente – quando ci incontriamo – di cantare insieme: davvero non piccola cosa!

Rimangono la conoscenza, le amicizie… e anche le fatiche che mai potranno mancare! Rimane un tessuto di relazioni a cui tutte teniamo e che ci fa comprendere come famiglia. Negli anni molte volte è successo – mai senza dolore – che una Sorella abbia cambiato Comunità, a volte per servizio, molto più spesso per difficoltà a rimanere lì dove era entrata… forse non sarebbe l’ottimo, ma sotto un certo profilo le nostre Comunità, più volte “rimescolate”, mostrano come all’interno della Federazione – e in virtù dell’amicizia – ognuna abbia potuto trovare o ri-trovare casa.

Vorrei chiudere con la mia testimonianza personale della Casa di Formazione. L’ho vissuta come una esperienza preziosa, proprio in ordine al cuore del nostro carisma: la dimensione comunionale. Per quello che mi riguarda, devo dire che non ho mai avvertito la mia permanenza ai SS. Quattro come uno sradicamento dalla mia Comunità, e ho invece registrato come estremamente formativo scoprire che le altre Comunità non erano uguali alla mia, che le altre Sorelle guardavano alla mia stessa vita da angolature diverse, che grata est Deo in pluribus unitas, a Dio è gradita l’unità dei molti (De Civitate Dei 12,22).

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Pubblicato il Cose nuove e cose antiche, Monasteri, Testimonianze

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