di Sr Maria Nives Colle
Il carisma è un fiore che nasce spontaneo. Il segreto della sua grazia è fra lui e il suo Donatore. Il carisma è infatti eminentemente dono, grazia. Emana da sé il suo splendore, sia squillante, sia umile e nascosto. E’ fragilissimo.
Compito della Chiesa è custodire i carismi che nascono nel suo seno: riconoscerli, alimentarli, vegliare su di essi.
É un compito eminentemente materno quello della custodia, dell’alimento.
Talvolta abbiamo una nostalgia pungente dei tempi in cui la Chiesa era soprattutto madre: l’elemento femminile, mariano, che non potrà mai andare senza quello petrino, che detiene le chiavi e il potere di Cristo – e che ci auguriamo sempre paterno.
Nel tempo dei grandi padri della Chiesa, detto patristico, è tutto un risuonare di odi che cantano questo carattere femminile e materno della Chiesa. Nel tempo invece del femminismo anticristiano, il nostro, la qualità femminile è in realtà semplicemente a servizio del potere, maschilizzata, eliminata.
Ma Pietro senza la Chiesa non potrà mai generare nulla. I Carismi non si fabbricano a livello istituzionale, nascono dal Padre dei cieli e sono generati nel grembo della Chiesa, nascono come e dove Dio vuole, Pietro è chiamato a riconoscerli, autorizzarli, paternamente se può, regolarli, ma non potrà mai crearli. Al massimo oggi, nel tempo dell’aborto, potrebbe sopprimerli – ma non parliamo di questo, perché allora non sarebbe più Pietro.
Che ne è della nostra attuale legislazione concernente i monasteri contemplativi femminili, alla luce di queste considerazioni?
In Vultum Dei e in Cor Orans sono contenute anche molte cose buone, ma non è facile mettere insieme il tutto, specialmente per le nuove Presidenti di Federazione da questa legislazione scaturite e che debbono applicarla. Alla fine di Vultum Dei furono anticipate le linee applicative che si sarebbero poi declinate in Cor orans: sono linee sintetiche, dalle quali è molto facile cogliere l’orientamento di fondo, l’intenzione del documento che sarebbe seguito: la Presidente, non è in realtà una superiora maggiore, non ha poteri esecutivi, tutto ritorna al Dicastero:
2. Qualora non sussistano i requisiti per una reale autonomia di un monastero, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica valuterà l’opportunità di costituire una commissione ad hoc formata dall’Ordinario, dalla Presidente della federazione, dall’Assistente federale e dalla Abbadessa o Priora del monastero. In ogni caso, tale intervento abbia come obiettivo il mettere in atto un processo di accompagnamento per una rivitalizzazione del monastero, oppure per avviarne la chiusura.
3. Questo processo potrebbe prevedere anche l’affiliazione ad un altro monastero o l’affidamento alla Presidente della federazione, se il monastero è federato, con il suo Consiglio. In ogni caso la decisione ultima compete alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Art. 9 § 1. Inizialmente tutti i monasteri dovranno far parte di una federazione. Se per ragioni speciali un monastero non potrà essere federato, con il voto del capitolo, si chieda il permesso alla Santa Sede, alla quale compete fare l’adeguato discernimento, per consentire al monastero di non appartenere ad una federazione.
2. Le federazioni potranno essere configurate non tanto e non solo secondo un criterio geografico, ma di affinità di spirito e di tradizioni. Le modalità per attuare ciò verranno indicate dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Ma quali strumenti pastorali ha il Dicastero per valutare le proposte e decidere in merito? Il dicastero è semplicemente un ufficio. L’Arcivescovo Segretario deve occuparsi del mondo intero. Firmerà quello che la Presidente ha scritto. La quale Presidente dunque non prenderà decisioni a proprio nome, non se ne renderà personalmente responsabile, le proporrà semplicemente come volontà del Dicastero! Roma lucuta, causa finita. Non ci sarà la possibilità reale, a portata della piccola, o anche grande, comunità, della piccola monaca, di ottenere ascolto. Un regime di potere assoluto, quale non avevamo mai prima conosciuto.
Non siamo canoniste, ci piacerebbe essere completate o corrette.
Secondo la nostra semplice esperienza, chi può esercitare un reale discernimento, una reale maternità e paternità, chi può regolare i carismi e vegliare sulla loro corretta applicazione prima di sottoporre i problemi in ultima istanza al Dicastero, sono, da sempre, i superiori maggiori. A questo essi sono abilitati, si prendono le proprie responsabilità con timore e tremore, sono, ove necessario, coadiuvati o sostituiti dai Vescovi. O lo erano.
Ora, con un rescritto del 15 giugno 2022, è stata negata ai Vescovi la possibilità di riconoscere Associazioni pubbliche di fedeli senza l’autorizzazione di Roma.
Qualche tempo fa era stata loro esplicitamente negata la possibilità di stabilire Istituti religiosi femminili di vita contemplativa nelle loro diocesi.
É tagliata alla radice, in questo modo, ogni eventuale volontà dei Vescovi di custodire i carismi nascenti. Tutto risale immediatamente al Dicastero, il quale, come si è detto, non è costituito in modo da poter avere un compito pastorale diretto.
Chi ci custodirà?
Maria, Avvocata nostra, presenti la nostra causa al Signore…
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