Introduzione a Dom G. Jedrzejczak, Vultum Dei quaerere
Una vasta riflessione è in atto sulla vita consacrata in questo tempo di trasformazioni. Ci riconosciamo particolarmente in questa conferenza di Dom Guillaume Jedrzejczak.
Dom Guillaume Jedrzejczak in una serie di conferenze tenute a Parigi Au Sèvres e in parte alla comunità di Valserena (Pisa, Italia), approfondisce il tema attraverso i documenti della Chiesa e la teologia recente. Presentiamo qui una riflessione sui primi paragrafi di Vultum Dei quaerere.
L’intento profondo dell’autore in queste riflessioni è stato così espresso: Comprendere la presenza di Dio nella storia (e nella nostra storia, NDR). C’è una storia laica, fatta di date e di avvenimenti, e la storia di Dio, fatta di momenti di grazia ricevuti. La vera storia risiede in questo incontro con Dio nella vita. Il ruolo della vita contemplativa è quello di leggere la storia in un altro modo. Di creare un’altra cronologia: una memoria che permette di vivere il presente e apre un futuro.
Qui si colloca l’Introduzione di questo documento, VDQ, che al numero 4 sviluppa questa idea importante: la vita monastica come profezia e come segno, segno profetico.
La separazione dal mondo è un segno, segno di una intimità con Cristo. Attraverso la loro separazione dal mondo, i contemplativi si trovano più intimamente uniti a Cristo cuore del mondo (Citazione di Benedetto XVI.)
Questo pensiero evoca per noi un testo di Thomas Merton sulla vita contemplativa:
La vita monastica è l’umanizzazione dell’uomo, una discesa nelle profondità dell’essere umano. La separazione dal mondo ci permette di discendere nelle profondità della nostra umanità e di raggiungere gli uomini dal di dentro. Tutti i problemi umani li conosciamo perché li abbiamo incontrati al più profondo di noi stessi. La vita monastica è una scoperta delle radici dell’uomo. Essa permette di entrare in comunione con ogni esperienza umana dall’interno e non dall’esterno. Noi facciamo l’esperienza di tutta l’umanità, dell’essere uomini, attraverso il cuore.
VULTUM DEI QUAERERE
L’introduzione di questo documento cerca di mettere a fuoco la vita religiosa nel complesso della vita della Chiesa.
Al numero 4 il Papa spiega come la vita religiosa non è qualcosa di diverso dalla vita dei battezzati ma ha comunque il suo significato peculiare. Se tutti sono chiamati alla santità, alcuni sono chiamati a vivere una vita particolare nella sequela Christi. Dunque seguire Cristo da vicino: questa è veramente la vita religiosa, la vita monastica. A partire dal numero 5, nel numero 6 e sino alla fine del numero 8 c’è una specie di introduzione sulle tematiche più importanti che si trovano nel documento.
Queste tematiche si possono riassumere in tre. La prima è quella del rapporto con la Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo. Così comincia il numero 5: Docili alla chiamata del Padre e alla mozione dello Spirito hanno scelto di seguire Cristo più da vicino…” Questo è interessante. La struttura trinitaria si ritrova in diverse parti di questo documento ed è importante perché se ricordate, Papa Giovanni Paolo II e anche Benedetto XVI avevano insistito molto sul fatto che, un elemento fondamentale della Chiesa oggi è questa spiritualità di comunione. Ad esempio, in Novo millennio ineunte n.44 si diceva, in fondo, che la Chiesa, vivere nella Chiesa, significa diventare icona, immagine della vita della Trinità. Ed è molto importante per noi ritrovare sin dall’inizio del documento questo richiamo, anche se non è citato in modo così evidente: vuol dire che in fondo la vocazione monastica esprime, incarna questo tipo di vita di comunione, che è la vita della Trinità stessa.
Questo ha grande importanza per i due numeri successivi: essere nel mondo, dentro il mondo già una immagine di questa vita di comunione, tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Per capire la vita monastica, la vita religiosa, non basta vedere come è organizzata. Si deve andare al fondo, molto al di là, tornare ai fondamenti della Rivelazione. E dunque, questo primo fondamento della rivelazione, la vita trinitaria, spiega e giustifica il modo di vivere della comunità. È il primo aspetto.
Il secondo aspetto si trova subito dopo: Mossi dall’amore incondizionato a Cristo e all’umanità, soprattutto ai poveri e ai sofferenti, sono chiamati a riprodurre nelle diverse forme – vergini consacrate, vedove, eremiti, monaci e religiosi – la vita terrena di Gesù: casto, povero e obbediente.
Qui vediamo un altro aspetto, per noi, oggi, molto importante: la Cristologia, cioè qui la vita religiosa si spiega perché il Verbo di Dio si è incarnato e, dunque, in questo mondo, è possibile, attraverso la carne, esprimere qualcosa della vita stessa di Dio, facendo qualcosa di molto particolare, che è vivere imitando Cristo nel concreto. Qui c’è tutta la spiritualità dell’imitazione di Cristo. Ritroviamo tre aspetti basilari: Gesù povero, casto, obbediente. Vediamo bene che in questo numero 5 si trovano i fondamenti teologici della vita religiosa, ma anche i fondamenti dei voti. Perché facciamo i voti? Per imitare Cristo povero, umile e obbediente. Abbiamo, in queste poche righe, un quadro molto chiaro e interessante: per capire il significato della vita contemplativa si deve ritornare ai fondamenti del vangelo. Dunque, radicare la vita concreta della comunità, di ognuno di noi, in questa rivelazione che Gesù è venuto a portare nel mondo, che è la rivelazione della Trinità; e questa rivelazione è l’Incarnazione stessa.
Prima il livello teologico trinitario, dopo la cristologia e il terzo aspetto è l’ecclesiologia. La vita religiosa si vive nella Chiesa:
La vita contemplativa … ha sempre rappresentato nella Chiesa e per la Chiesa il cuore orante, custode di gratuità e di ricca fecondità apostolica ed è stata testimone visibile di misteriosa e multiforme santità. Qui l’aspetto ecclesiologico della vita religiosa.
Abbiamo dunque la vita contemplativa inserita in un quadro generale, con tre aspetti. Si può capire davvero la vita contemplativa cristiana solo quando si guarda il quadro più ampio della Rivelazione. La comunità non è un numero di persone che vivono insieme perché è più comodo e costa meno; il punto è che la comunità prende le sue radici nella vita stessa di Dio ed è perché, in un certo senso, Dio è vita comune, comunione, che noi viviamo questa vita di comunità. Questo significa che la comunità esprime qualcosa che va molto al di là di un gruppo umano.
È l’espressione di qualcosa che viene da Dio stesso, esprime qualcosa che va al di là di se stessa; e allo stesso modo anche la vita concreta, vissuta imitando Cristo, è un’espressione di qualcosa che va al di là.
Nei numeri seguenti questo si capisce meglio perché si sviluppa l’idea della missione della vita religiosa. Perché la missione della vita religiosa non è solo il fatto di mettersi insieme per uno scopo pratico, ma la comunità, il modo di vivere esprime qualcosa che viene da Dio stesso. È la vita di Dio che si esprime attraverso la comunità.
Questo quadro teologico ci permette di capire le conseguenze: è perché la vita religiosa e monastica è radicata in questa realtà, realizza questo valore teologico, che può esprimere qualcosa di più. Come diceva S. Elisabetta della Trinità la vita di ognuno di noi è un prolungamento della Incarnazione di Cristo nel concreto della vita di oggi. (segue)
Views: 39