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L’accompagnamento spirituale

L’accompagnamento spirituale

di Monica della Volpe

Recensione dell’articolo di Madre Chiara Cristiana Mondonico, osc, da Forma Sororum 2/2024 

Da tempo vorremmo visitare un argomento di importanza forse centrale nella vita claustrale, delicato e complesso, difficile da trattare nei limiti di un breve articolo come sono i nostri.

Siamo contente di iniziare con la recensione e segnalazione di un articolo di Madre Chiara Cristiana Mondonico sull’argomento, comparso sull’ultimo numero (marzo-aprile 2024) di Forma sororum, la rivista delle Sorelle Povere di Santa Chiara.

Vorremmo sottolineare la chiara impostazione dell’articolo, la completezza sia pure in uno spazio ridotto, e accennare ai punti essenziali.

Il contributo sceglie di porsi sul piano della testimonianza, partendo dall’ascolto della propria esperienza e da quella di altre sorelle. L’impostazione del discorso è squisitamente francescana ma al contempo di portata universale: si parte dall’appello di Francesco ad aiutarlo a riparare la Casa del Signore, san Damiano, diroccata, “perché qui tra poco ci saranno delle signore; nella loro esistenza … sarà glorificato il Padre nostro celeste.

Il termine “casa” da ricostruire allude prima di tutto alla casa del cuore, che è dimora e abitazione di Dio, continuamente minacciata da un nemico che vuole mandarla in rovina. In questa casa si svolgerà “una vita interamente dedicata non tanto alla preghiera, ma ad una relazione, quella con Dio, che dà forma a tutto … dal di dentro. Si tratta di una dimensione totale, profonda, una dimensione di sponsalità che tiene unito tutto, il cuore, la mente, il corpo: solo l’amore può dare ragione di una vita così. Ed è questa casa del cuore (in senso biblico) che deve essere curata, riparata, sempre. Chi sarà alla fine il padrone di questa casa del cuore, il Signore o il suo Nemico? Con tutto ciò che questa lotta comporta lungo il cammino di un’intera vita. Di questo, fondamentalmente, deve occuparsi colui che accompagna”.

 

È questa la prima annotazione fondamentale. Si voglia chiamarla, come qui, relazione sponsale dell’anima con Dio, si voglia chiamarla ricerca di Dio, cammino di conoscenza di Dio quale unico fine del monaco e della monaca Di questo, fondamentalmente, deve occuparsi colui che accompagna!

Segue un elenco di alcuni tratti importanti per ogni forma di accompagnamento spirituale, che rimangono costanti e universali, in ogni stato di vita, in ogni cultura e in ogni epoca.

Benché situato in ambiente clariano, si tratta quindi di un discorso che si pone come valido per tutti.

Se i testi classici di vita spirituale affermano che è consigliato ma non necessario in assoluto avere un accompagnamento spirituale, è sicuramente necessario nella vita spirituale essere generati. La vita di Dio in noi, la vita di Cristo, si trasmette in una continua generazione: per questo la parola padre” potrà anche lasciar spazio a possibili eccessi ed errori, ma non esiste parola più cristiana di questa. L’essere generati nella fede, il riconoscere questo, penso sia una delle esperienze più belle della vita, che crea una gratitudine tra le più dolci che si stampano nella memoria, e che nessun limite dell’altro può cancellare.

 

Bella e coraggiosa pietra miliare su cui il resto del discorso deve fondarsi: nella vita di fede, nella vita spirituale devi essere generato, devi riconoscere un padre (madre) che ti dona l’impronta, il DNA a partire dal quale potrai divenire te stesso. Su questa base, con ogni altro possibile aiuto o accompagnamento, potrai costruire.

I limiti si vedono, si devono vedere prima o poi, ma colui o colei che ci ha trasmesso Cristo, la vita di Dio, rimarrà sempre per noi una persona unica, un dono assoluto, gioia grande perché tiene salda la nostra fede: Qualcuno ha pensato alla mia vita, è venuto a me concretamente, non mi ha lasciata sola. Dio è vivo, Dio è presente.

Nella nostra epoca, che sempre più tende a negare e rinnegare paternità e maternità, non sono affermazioni da poco.

Seguono alcuni importanti avvertimenti:

 

Il cammino di conversione non è mai finito, si va di inizio in inizio e ogni inizio comporta nuove sfide, nuovi passaggi pasquali in cui la fede viene messa alla prova.

Deve esserci chiarezza sul fine e sugli obiettivi di ogni cammino spirituale.

Bisogna che entrambe le persone coinvolte siano consapevoli che anche in questa relazione ci sono in gioco aspettative, bisogni: questo non è un’obiezione, è anzi inevitabile, ciò che fa la differenza è la consapevolezza, che può essere diversa a seconda dell’età e della maturità delle persone.

Uno dei doni più grandi con cui si può ricevere questo servizio è l’umiltà di chi accompagna, perché più grande è l’umiltà più cresce la capacità di ascoltare lo Spirito e di mettersi a fianco della persona senza la pretesa di conoscere a priori tutti i passi da compiere.

 

Dopo avere brevemente ma saggiamente accennato al punto oggi al centro dell’attenzione, quello dei possibili abusi in cui nell’accompagnamento spirituale si può incorrere, viene quella che consideriamo un’altra preziosissima annotazione di fondo che mette bene a fuoco ciò di cui stiamo parlando:

 

È bene aver chiaro il significato di quella che si definisce “apertura del cuore”. Essa non coincide con la confessione dei peccati. Non è neppure un’anamnesi del passato, una rievocazione della vita passata, uno scavo all’indietro alla ricerca dei motivi che stanno alle radici di comportamenti attuali. Questo non significa che nell’accompagnamento spirituale non vi debba essere posto per dire il proprio passato, non fosse altro che per il fatto che il passato non è semplicemente dietro, ma dentro di noi. Dicendolo a qualcuno si impara a conoscerlo meglio e si può più facilmente “farne qualcosa”. Si tratta di assumere la responsabilità di ciò che facciamo del nostro passato, davanti al Vangelo e oggettivando questo lavoro davanti al padre spirituale. Ma è certo che ciò di cui si parla sono le inclinazioni attuali, quelle che si sentono pulsare dentro di sé attualmente. Le suggestioni e gli impulsi interiori, prima di arrivare ai gesti e all’ acconsentimento della volontà. Qui c’è un passaggio importante: la persona accompagnata accetta di lavorare sul suo desiderio.

 

Il grande pregio della impostazione di questo articolo ci pare proprio questa chiarezza sui punti fondamentali, in un tema che oggi potrebbe anche essere molto confuso.

Seguono a completare l’argomento altre sagge considerazioni, per le quali rinviamo all’articolo stesso. Ma al di là dei necessari avvertimenti, sempre l’autrice ci riporta al fondo della questione:

 

In genere quando una sorella chiede un accompagnamento spirituale pone implicitamente una domanda all’accompagnatore…Ma in verità non servono risposte: piuttosto bisogna che la persona venga aiutata a diventare più consapevole del suo rapporto con il Signore, di dove lei sia in questo rapporto, se stia vivendo o meno una vera intimità con Dio. È da Lui infatti che verranno le risposte, ed è Lui che la sorella deve imparare ad ascoltare … perché se manca questo, in una vita totalmente dedicata alla contemplazione come è la nostra, un’inevitabile tristezza avvolgerà il cuore, tante irritazioni, tante lamentele, una ricerca insaziabile di amore, di considerazione, di comprensione. E non serve a nulla cercare di dare buoni consigli per risolvere queste problematiche se non si va alla radice …. Ciò che fa bene è un silenzio benevolo e pieno di comprensione, che rimanda però all’ascolto: Che cosa ti ha detto il Signore di questo? Che riaccenda il desiderio di ascoltare la voce amica del Maestro, l’amore per lo Sposo, e forse faccia sgorgare lacrime di pentimento. Solo in questa rinnovata intimità con il Signore, infatti, il cuore e la vita si unificano: ed essa richiede molta vigilanza, come quella che i maestri hanno sempre chiamato ascesi, allenamento, lavoro, impegno.

 

Chiudiamo su queste parole la nostra piccola sintesi, riassumendo quanto riportato in tre punti:

Primo: non può essere guidato sulle vie della vita se non chi è stato generato a questa vita nuova, da un padre, da una madre.

Secondo: questa guida, o accompagnamento è qualcosa di ben preciso; presuppone quella apertura del cuore di cui tutta la tradizione monastica e spirituale ci parla. Non è da confondere con altri tipi di aiuto, pure utili e buoni.

Terzo: l’importante di questo rapporto a due è il Terzo, cioè la chiarezza del fine. Questo è giungere alla relazione personale profonda con Cristo, all’ascolto di Lui, al dono di sé a Lui. Dove si appanna il fine, iniziano le ambiguità.

 

Rimandiamo per tutto il resto alla lettura dell’articolo; non senza riprometterci di ritornare sull’argomento, così vitale e così vasto, che come tale meriterebbe altri contributi; grazie a questo incoraggiamento e a questa base posta da madre Chiara Cristiana.

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Pubblicato il Riflessioni, Vita consacrata

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