Menu Chiudi

Ricordi di un confratello di T. Merton

Ricordi di un confratello di T. Merton

Nella presentazione di realtà monastiche piccole o grandi, in difficoltà o fiorenti, che facciamo in queste pagine amiamo contemplare il carisma monastico nelle sue più variegate sfumature e vicissitudini, al di là di schemi troppo legati a epoche o spiritualità particolari. Siamo convinte che lo Spirito Santo può soffiare nelle comunità grandi e solide e in quelle piccolissime, nei carismi nuovi e in quelli antichi, in realtà innovative o in realtà tradizionaliste, in persone di ogni genere e provenienza – anche se sempre gli spiriti vanno provati. Ci guida un profondo rispetto per il carisma monastico, per il Signore che lo ispira, per ogni persona che sinceramente si sforzi di viverlo. Questi ricordi del monaco padre Louis, ovvero Thomas Merton, sono stati narrati da un confratello trappista, tanto profondo conoscitore del monachesimo antico quanto perfetto emblema dei curiosi monaci yankee del dopoguerra.

THOMAS MERTON

Appunti presi durante la conferenza di un monaco di Getzemani a una comunità femminile 1985 – pro manuscripto

La prima impressione profonda che ho ricevuto di Padre Louis (nome monastico di Thomas Merton) l’ho ricevuta dai suoi scritti quando ero un giovane allievo al Conservatorio, da laico: avevo letto il suo libro: “La notte priva di stelle”; ne sono stato abbastanza colpito. Ma è stata una delle sue poesie che mi ha fatto prendere coscienza che avrei dovuto andare a Gethsemani: la poesia scritta in occasione della morte di suo fratello Gian Paolo. Mi piaceva la letteratura classica latina e specialmente un’elegia del poeta pagano Tibullo, il cui fratello era morto in Asia Minore; e in un’elegia molto commovente: Tibullo va alla tomba del fratello e versa una libagione sulle ceneri del fratello. E quando ho letto l’elegia di Padre Louis per suo fratello Gian Paolo, quando ho letto quest’espressione “con un amore fraterno profondo centrato sul mistero di Cristo e pieno della speranza nella Risurrezione”, mi è sembrato che quella strana realtà che si chiama la vita cristiana e monastica, e quel luogo bizzarro, il monastero trappista di Gethsemani fosse il compimento di quell’esperienza umana e classica che mi sembrava così affascinante. Non è la miglior ragione per entrare in un monastero trappista tanto che, grazie a Dio, quando sono arrivato, mi son reso conto di non sapere assolutamente niente e di conseguenza ero pronto a tutto- e ho avuto tutto!

(…) Erano i giorni più belli a Gethsemani: eravamo stipati, quasi a non poter più starci in monastero. Quando sono entrato io, c’erano 90 novizi coristi: è la sola ragione per cui ho potuto intrufolarmi…

La vita era piena di gioia e di entusiasmo, ma molto esigente. Un gruppo di 30 conversi doveva dormire nel chiostro esterno, nel cuore dell’inverno: si alzavano per Vigilie e trovavano le loro scarpe gelate tanto da essere attaccate al suolo: ma la gioia e l’entusiasmo erano palpabili.

(…) A quel tempo non si permetteva a molti di leggere Padre Louis, almeno ciò che era autobiografico. Noi ascoltavamo in refettorio il suo libro “L’Ascesa verso la luce”, ma il nome dell’autore che ci veniva dato era di “un trappista cinese”. Per due mesi io mi sono chiesto: “Ma infine, chi è dunque questo trappista cinese, che conosce così bene San Giovanni della Croce?”

Era necessario il permesso dell’Abate per leggere “La notte priva di stelle”, ma si potevano indovinare quelli che stavano leggendo il libro, perché passeggiavano nel chiostro con il loro testo coperto.

Ricordo il nostro anziano Padre Giovanni Battista in capitolo, al suo posto, mentre leggeva il testo “La notte priva di stelle” tutte le sere, prima del capitolo. Padre Louis entrava, Padre Giovanni Battista alzava gli occhi, lo guardava e: oh, oh, oh – scoppiava a ridere.

Padre Louis aveva un amore straordinario per i fratelli. Era veramente amator fratrum.

Io credo che il luogo in cui Padre Louis è stato più felice, sia stata l’infermeria, con certi nostri anziani conversi. Festeggiava sempre il suo compleanno, il 10 dicembre, con un vecchio converso molto anziano. Nessuno sapeva l’età precisa di Fra Giovanni – era nato in Irlanda; doveva essere quasi centenario, ma Padre Louis ha deciso che lui era nato il 10 dicembre, per permettere loro di festeggiare insieme il loro compleanno. Padre Louis, che poteva leggere facilmente San Giovanni della Croce e amava appassionatamente san Tommaso d’Aquino – cosa che pochi sanno – si sentiva più a suo agio con i monaci semplici e ordinari che vivevano la loro vita monastica senza presunzione, senza niente di speciale.

La prima volta che sono andato a vederlo per una direzione spirituale – perché era diventato Padre Maestro dei giovani professi – è stata un’esperienza speciale: non posso davvero raccontarvela… perché mi ha raccontato tante storie strane… ma vi assicuro che sono uscito dalla sua stanza pieno di gioia e di felicità. Ma nello stesso tempo era estremamente complesso, molto sensibile e molto fragile. C’era un’unità molto profonda in lui perché tutta quella complessità era ordinata verso un amore e un desiderio molto profondi di Dio, che egli non poteva proprio esprimere. Era un grande intellettuale. Il suo spirito lavorava in continuazione e soffriva di insonnie. Cercava sempre, sempre, la verità; non ne era mai sazio.

Ricordo che quando è diventato maestro dei novizi, alcuni giovani professi – e io fra questi – lo aiutavano a trasportare i suoi libri e le cose personali da un altro lato del monastero al noviziato. Alla fine del pomeriggio noi eravamo forse 4 o 5 con Padre Louis: lui si è volto verso di noi e ha detto con voce quasi stupita: “Sapete che questa è l’ultima volta che potrò parlare con voi come vostro Padre Maestro?” e ha detto: “Ma che cosa ho cercato di dirvi in questi anni?” – e parlava dall’abbondanza del cuore. Ha detto: “Io penso: quello che dice san Benedetto quando dice che in un monaco bisogna cercare si vere Deum quærit”, se cerca veramente Dio; e ha detto: “Sapete che la parola più importante, lì, è vere”, veramente, in verità. Ha detto: “Un sacco di gente cerca Dio, ma in modo strano e bizzarro. Bisogna cercare Dio in verità, là dove Dio si è rivelato più perfettamente; e dove Dio si è rivelato più perfettamente? In Cristo… Così che tutta la vita monastica consiste nel progredire più profondamente nel mistero di Cristo”. E ha detto: “Se voi credete di aver trovato Cristo perfettamente, è la fine della vostra vocazione monastica. Si tratta di progredire sempre più profondamente in Dio”.

E per me, Padre Louis era una di quelle persone che hanno trascorso la vita progredendo sempre più oltre in Dio, sempre più profondamente nel mistero di Cristo. Ciò è stato spesso una vera crocifissione. Le persone pensavano fosse molto perspicace, che conoscesse in ogni istante a che punto era; ma era un uomo povero, era sensibile, molto fragile. Probabilmente ha fatto in certi momenti le cose più idiote che nessuno nel nostro monastero abbia mai fatto. Io credo che avesse bisogno di un Abate proprio come il nostro Dom James. Aveva bisogno di sentire attorno a sé un amore immenso e tantissima fiducia. E credo che molti di noi non ne avevano coscienza.

(…) È meraviglioso leggere qualcosa dell’Odissea spirituale che l’ha condotto a Gethsemani, ma l’Odissea ha continuato a Gethsemani… ma quest’uomo era anche pieno di gioia. Il problema con Padre Louis è che ogni volta che si dice qualcosa di lui, bisogna completare l’affermazione con quella opposta. ….

Quando è morto a Bangkok, per un incidente stupido, io penso fosse come un segno sacramentale:

* aveva fatto un bagno = il segno dell’acqua,

* ha toccato su un ventilatore un filo elettrico scoperto = il fuoco

e dopo quel battesimo d’acqua e di fuoco, è morto in una solitudine completa, e con questo ventilatore, attraverso il suo cuore che lo bruciava.

Alla Messa di esequie, alla fine, un istante prima della processione al cimitero, noi abbiamo letto un passo di “La notte priva di stelle”:

“Perciò tutte le cose che ti circondano sorgeranno in armi conto di te per rinnegarti, ferirti darti dolore e perciò ridurti alla solitudine”.

Il tema di questa solitudine è molto patristico: vulnerasti cor meum – Tu hai ferito il mio cuore (dal Cantico dei Cantici)

“Ogni cosa che ti toccherà ti brucerà e allora ritrarrai la mano con dolore, sinché non ti sarai allontanato da tutte le cose. E allora sarai tutto solo.

Ogni cosa desiderabile ti scotterà, ti segnerà col marchio a fuoco e tu fuggirai da lei in pena, per essere solo. Ogni cosa creata verrà a te soltanto come pena, e tu morirai alla gioia e rimarrai solo. Tutti i beni che gli altri amano, desiderano e cercano verranno a te, ma soltanto come assassini per tagliarti dal mondo e dalle sue occupazioni.

Sarai lodato, e sarà come essere bruciato al rogo. Sarai amato, e questo ti spezzerà il cuore e ti spingerà nel deserto.

Avrai doni, ed essi ti schiacceranno sotto il loro peso. Avrai i piaceri della preghiera, ed essi ti nauseeranno e tu li fuggirai.

E dopo che sarai stato un poco lodato e un poco amato, Io ti priverò di tutti i doni e di tutto l’amore e di tutta la lode; tu sarai completamente dimenticato e abbandonato e sarai un nulla, una cosa morta, un relitto. E in quel giorno comincerai a possedere la solitudine che hai tanto a lungo desiderato. E la tua solitudine porterà frutti immensi nelle anime di uomini che non vedrai mai sulla terra.

Non chiedermi quando ciò avverrà, né dove, né come: su una montagna o in una prigione, in un deserto o in un campo di concentramento, in un ospedale o al Getsemani. Questo non ha importanza. E quindi non chiedermelo perché non ti risponderò. Non lo saprai sino a quando non sarà giunto il momento.

Ma gusterai la vera solitudine della mia angoscia e della mia povertà e ti guiderò sulle vette della mia gioia e tu morirai in Me e troverai tutte le cose nella Misericordia che ti ha creato per questo fine e ti ha portato da Prades alle Bermude, a St. Antonin, a Oakkam, a Londra, a Cambridge, a Roma, a New York, a Columbia, al Corpus Christi, al San Bonaventura, all’abbazia cistercense degli uomini poveri che faticano nel Getsemani.

Affinché tu possa diventare il fratello di Dio e imparare a conoscere il Cristo degli uomini ardenti”.

(…) Sembra che nel suo monastero a Lisieux, Teresa facesse la stessa esperienza di altri nel mondo, che non avevano il dono della fede. Passava per la stessa esperienza, ma l’ultima parola era l’amore. E certamente era vero anche per Padre Louis. Il suo amore era incredibile e così la sua fede e la sua esperienza della misericordia di Dio (…): (come risulta dal suo libro) “Il segno di Giona”:

(…) “Io ho sempre protetto Giona con l’ombra della mia misericordia… Mi hai visto, Giona, figlio mio? Misericordia nella misericordia nella misericordia. Io ho perdonato l’universo immenso, perché non ho mai conosciuto il peccato. (…) Ciò che era fragile è diventato potente. Io ho amato ciò che più era fragile. Ho posato lo sguardo su ciò che non era nulla. Ho toccato ciò che era senza sostanza, e dentro ciò che non era, io sono”.

La misericordia è ciò che siamo venuti a cercare in monastero. E io penso sia stata la realtà ultima di Padre Louis.

(…) Dobbiamo ricordare che Padre Louis era poeta e che vibrava a tutto in modo poetico. Per me, quando un bull-dozer faceva rumore sulla proprietà, era un bull-dozer che faceva rumore. Per Padre Louis era tutto ciò che c’era di peggio nell’industrialismo moderno che investiva il monastero e la vita contemplativa. Aveva una reazione cosmica a tutto, praticamente … Era Padre Louis. Potrei portarvi centinaia di esempi.

Sono spaventato al pensiero che i suoi diari privati – sono circa 25 – potrebbero essere resi pubblici tra una decina di anni. Perché lui annotava tutte le reazioni drammatiche che aveva per tutto. In esse c’era sempre un’intuizione profonda, ma un’intuizione che non corrispondeva esattamente alla realtà storica. Allora si potrebbe trovare in una pagina che a Gethsemani è la fine della vita monastica e su quella successiva che il monastero è il più formidabile che sia mai esistito o che esisterà mai. Così tutte le persone che scrivono tesi di dottorato sul Padre Louis, sulla sua opera di spiritualità, cercano di trovare un filo conduttore e una coerenza in tutto questo. E se lo trovano, non sarà mai vero.

E c’è anche qualcosa di così meravigliosamente infantile in Padre Louis; aveva una tale gioia nello scoprire le cose, e poteva essere così divertente e così spontaneo!

Aveva bisogno di una liturgia molto severa, molto ligia, molto strutturata, ma nel contempo aveva un’elasticità personale meravigliosa. Faceva delle cose bizzarre come ad esempio organizzare processioni per giovani professi. Ricordo che per molti anni i giovani professi avevano dei giardinetti nei boschi vicini: noi li chiamavamo “i nostri eremi”. E un giorno Padre Louis ha deciso che avremmo dovuto andare in processione a benedire tutti gli eremi, così che siamo andati attorno al Campo di Sant’Anna, con Padre Louis in testa, con la stola e l’aspersorio, benedicendo tutto con l’acqua benedetta, mentre noi cantavamo le litanie dei Santi. E all’improvviso una vecchia mucca è venuta a mettere il suo naso. E Padre Louis ha cominciato ad aspergerla con l’acqua benedetta, gridando: “Io ti esorcizzo, mostro spaventoso” … Questo era tipico di Padre Louis.

Padre Louis amava Mozart. Una volta ha scritto una pagina sulla teologia di Karl Barth, scrivendo che Barth amava molto Mozart; ma era profondamente turbato dal fatto che Mozart non è mai stato protestante.  Mozart aveva scritto che un protestante non potrebbe mai comprendere  ciò che era l’Agnus Dei della Messa. In ogni caso, Padre Louis aveva scritto a proposito della grande teologia di Karl Barth, di quel sistema rigido, e ha detto che se Karl Barth si fosse salvato, sarebbe stato a motivo del Mozart nella sua anima, lo spirito di semplicità, di purezza e di infanzia che c’è in Mozart. E ha detto: per me è la stessa cosa, i miei libri non varranno niente, ma è il Mozart in noi che ci salverà”.

Così ho suonato un pezzo di Mozart prima della processione verso il cimitero.

Dunque, misericordia su misericordia su misericordia,

spirito d’infanzia

e il Cristo degli uomini ardenti,

Io penso che Padre Louis è questo.

Views: 22

Pubblicato il Protagonisti, Testimonianze

    Donazione detraibile fiscalmente per le opere della Fondazione Monasteri ETS

    Il tuo nome e cognome *

    La tua email *

    Il tuo messaggio

    Importo della tua donazione (in euro)*

    Riceverai via email i dati del conto bancario dell'Associazione N.S. della Pace su cui effettuare il bonifico per la tua donazione detraibile fiscalmente a favore delle opere della Fondazione Monasteri ETS.

    OPERA SAN PIO X

    Della società San Vincenzo De’ Paoli per l’assistenza dei monasteri di clausura

    Per aiuti ai monasteri

    Via XX Settembre, 23
    10121 Torino

    338 8714418 Antonio
    338 8304980 Daniele

    info@dalsilenzio.org

    www.dalsilenzio.org

    Il bollettino “Dal silenzio” comunica notizie dai monasteri e parole per le contemplative.

    CNEC

    Centro Nazionale Economi di Comunità

    www.cnec.it

    Il CNEC, associazione tra istituti religiosi ed ecclesiali, si propone di studiare e approfondire i problemi del servizio economale.
    Essa offre ai propri soci supporto tecnico amministrativo per una maggiore preparazione degli economi.

    L’associazione, inoltre, promuove la valorizzazione e la sostenibilità delle opere nate dai diversi carismi.

    Il CNEC stimola gli istituti religiosi alla collaborazione per la gestione e il futuro delle opere.

    Infine, si impegna a collaborare con le istituzioni preposte alla guida della vita consacrata (CEI – USMI – CISM),
    e con le altre associazioni che operano a favore degli istituti religiosi.