di Rita Bettaglio
Sulla cima della collina di Castellazzo, a ridosso della città di La Spezia, mi accoglie, silenzioso e discreto, il monastero di Santa Maria del Mare. La vista sul golfo è mozzafiato, il mare baciato dal sole si riverbera in mille scaglie dorate e sembra davvero un assaggio della gloria di Dio…
Incontro in parlatorio madre Maria Teresa e subito percepisco la profonda maternità spirituale che ella riversa su chi giunge qui.
Classe 1941, 60 anni di monastero: una ricchezza inestimabile intessuta di preghiera, silenzio, adorazione. Avevo preparato delle domande, ma, come spesso succede quando si varca la soglia del monastero, esse evaporano e mi abbandono al quieto fluire delle parole della Madre.
Mi racconta la storia del monastero e della sua vocazione. Parla con delicatezza, precisione, con quella cortesia di un tempo, che tanto fa bene e fa sentire accolti.
Madre Maria Teresa entrò in religione a 19 anni, nel monastero di Piedimonte Matese (Salerno) delle Benedettine del SS. Sacramento. Vi rimase 40 anni divenendo vice priora.
“La genesi della mia vocazione”, dice M. Maria Teresa, “sta in quell’Ostia bianca: su di me ebbe un fascino molto forte l’adorazione notturna. La mia vocazione è maturata davanti a Gesù sacramentato”.
“Avevo appena fatto la maturità ed escludevo categoricamente la vita religiosa perché le suore non mi piacevano affatto fin dai tempi del collegio. Tuttavia – allora la clausura era molto rigorosa e non le vedevo dalla chiesa – mi colpì molto il fruscio dell’abito della suora che, nella notte, andava a fare adorazione. I locali della foresteria dove soggiornavo erano di fronte al noviziato ed io vedevo le novizie: erano 7 o 8 ed erano così belle… come sant’Agostino mi domandai: se queste, perché non io?”, prosegue la Madre.
Da Piedimonte Matese a La Spezia: come accadde?
“La beata Itala Mela, oblata, grande figura del mondo benedettino del XX secolo, non avendo potuto, per motivi di salute, coronare il sogno di essere monaca, desiderava fortemente una presenza benedettina nella sua città. La Spezia. Il vescovo mons. Stella nel 1966 realizzò questo desiderio, dopo la morte della Beata avvenuta nel 1957, con l’insediamento a Marinasco di un gruppo di monache provenienti dal monastero di Rosano. Nel 2000 le monache si trasferirono in questo nuovo monastero al Castellazzo”.
Lei come giunse qui?
“Giunsi qui nel 2001 come amministratrice apostolica inviata dalla Santa Sede. Dovevo rifare le Costituzioni da presentare alla Congregazione e preparare la comunità ad un Capitolo elettivo. Dovevo rimanere qui solo qualche mese. La mia Madre di Piedimonte Matese mi accompagnò e disse: “Vengo ad immolare il mio Isacco”. Certo, dopo 40 anni in quel monastero, dovetti metterci un po’ di volontà, ma ho subito amato le sorelle e loro altrettanto. Il merito fu più loro che mio. Ed eccomi ancora qua, dopo 20 anni”.
Ed ora?
“Ora la comunità è costituita da 5 monache. Diamo molto spazio nella nostra vita, oltre all’Ufficio Divino e alla S. Messa, all’adorazione eucaristica: tutti i giorni facciamo Adorazione dalle 19.30 alle 21 e il giovedì tutto il giorno, dal mattino, dopo la S. Messa, alla sera alle 21. È necessario che siamo sempre tutte presenti in coro: non deve mancare nessuna perché noi siamo delegate dalla Chiesa proprio a pregare. Abbiamo fatto questa scelta e, ringraziando Dio, possiamo permetterci di avere chi si occupa della cucina e delle pulizie e possiamo essere dispensate da questi servizi. Ma in coro nessuno ci può sostituire: se non potessimo più adempiere al nostro impegno verso la Chiesa, allora, davvero, sarebbe meglio chiudere”.
Che prospettive avete?
“Gli ultimi documenti della Congregazione impongono ai monasteri di unirsi in federazioni, sennò rischiano di non sussistere. Trovo questo un arricchimento: è bello che i monasteri, quelli che condividono la stessa Regola, come quella benedettina si aiutino a vicenda. Guardate come si amano: lo suggeriamo sempre agli altri, alle famiglie… ma dobbiamo essere noi per prime a viverlo. Spesso invece non ci conosciamo neppure tra monasteri. Ebbene, forse mi dirà che io addebito al mondo benedettino questa mancanza, perché sono nel bisogno, perché mi trovo nella condizione di stendere la mano… Ma non è la mia povertà, la necessità di un aiuto urgente, a farmi parlare così: è un pensiero che mi domina da sempre. Aiutarsi tra monasteri è la cifra della mia vita monastica e il mio impegno verso Dio e la Chiesa. Talora, però, i monasteri grandi e fiorenti preferiscono fare nuove fondazioni”.
Non c’è tristezza nelle parole di Madre Maria Teresa ma un grande amore per Dio e la vita monastica, vissuta come servizio indispensabile alla Chiesa universale e locale.
Salutandola, le chiedo preghiere e lei mi risponde: “Qui vige la legge della clausura. Chi entra qui non esce più. Da questa sera pregheremo per lei, la porteremo davanti al Santissimo, e sarà così ogni giorno… finchè saremo in vita”.
Per contatti, soggiorni in foresteria, corsi di esercizi ed altro, scrivere a: smt.mare@tiscali.it
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