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Urbino uguale Federico da Montefeltro, uguale Raffaello

Urbino uguale Federico da Montefeltro, uguale Raffaello

di sr. Lucia OSA

Dire Urbino significa richiamare alla memoria celebri quadri e nomi altisonanti del Rinascimento.

Chi arriva in città si trova davanti agli svettanti Torricini che catturano lo sguardo, osserva la mole dell’intero Palazzo Ducale, del Duomo e pian piano tutti gli altri edifici che formano il profilo caratteristico di Urbino… Un po’ più a destra dei Torricini si scorge il monastero agostiniano di S. Caterina d’Alessandria.

Una volta dentro le mura, invece, è difficile individuarlo, mimetizzato com’è fra gli altri palazzi in mattone. L’attuale struttura non è nata come monastero, bensì è il risultato dell’acquisizione lungo i secoli di diversi edifici. Tant’è che il nostro orto era una pubblica piazza fino al 1541, quando le monache ottennero di far chiudere il vicolo d’accesso.

Noi c’eravamo prima che venisse aperto il cantiere del Palazzo Ducale e prima che venisse alla luce Raffaello Sanzio.

Il più antico dei documenti ufficiali che attesta l’esistenza del monastero di S. Caterina d’Alessandria risale al 6 marzo 1346. Si tratta della bolla di aggregazione al Capitolo di S. Giovanni in Laterano, con cui veniva concesso a mastra Anastasia di Rainerio del Peglio anche il titolo di “abbadessa” inusuale nel nostro Ordine, in cui si preferisce quello di priora. Il documento parla di aggregazione, non di erezione o fondazione: si deve pertanto dedurre che il monastero esisteva già, e che veniva permesso di ristrutturarlo insieme alla chiesa. Tanto più che un’annotazione nell’antico registro delle religiose segnala che Suor Lucia si vestì monaca 10 Agosto 1200...

 

Da circa otto secoli, quindi, S. Caterina rimane come sentinella in cima al colle del Poggio, uno dei due su cui si è sviluppato il centro storico di Urbino, spesso immerso nel vento che sollevava anche gli aquiloni di Giovanni Pascoli e dei suoi compagni di collegio. Le monache anziane della precedente generazione dicevano che S. Caterina è di ferro. Non tanto perché resista al vento che talvolta ne fa tremare i vetri, ma perché è sempre rimasto saldo al suo posto in mezzo alle ben più temibili tempeste della storia, specialmente degli ultimi due secoli.

 

Nel XVI secolo in Urbino esistevano sei cenobi femminili, quattro di regola agostiniana e due di Clarisse. Sopravvissero tutti alla soppressione napoleonica del 1810-14, ma non a quella del 1861. Rimanemmo soltanto noi e le Clarisse di S. Chiara, che tuttavia furono costrette ad abbandonare il loro bel monastero, ristrutturato nel XV secolo su progetto di Francesco di Giorgio Martini, e a trasferirsi agli inizi del Novecento appena fuori le mura. Eppure anche quelle tragiche esperienze portano il sigillo della Grazia e furono l’occasione per testimoniare la fedeltà a Cristo. Lasciamo la parola alle nostre Sorelle di allora: Urbino 2 luglio 1902. Per la nequizia dei tempi essendo state espulse dal loro Monastero, il 2 ottobre 1862, le Religiose Agostiniane di S. Benedetto, e collocate in quello di S. Caterina, non si sono potute eseguire altre vestizioni e professioni per timore di nuove espulsioni e molestie. Finalmente, quando a Dio piacque, fu acquistato dal Municipio parte del monastero [di S. Caterina] per cura e zelo di Sua Ecc.za R.ma Mons. Nicodario Vampa Arcivescovo di Urbino, e quindi fu subito eseguita la solenne Vestizione delle candidate che da tanti anni abitano, coll’animo di monacarsi, il ripetuto Monastero. È commovente leggere dichiarazioni come la seguente: Io, Suor Teresa Colocci, non potei appagare il mio desiderio se non dopo 32 anni di lunga prova. Oggi, grazie a Dio, giorno 2 Luglio 1902 in età di anni 61 ho preso l’abito religioso. Lo stesso anno, in data 4 ottobre, si unirono a loro le Clarisse superstiti del soppresso monastero di S. Lucia, dando vita alla comunità dei Monasteri riuniti di S. Benedetto, S. Caterina e S. Lucia. Così, come il nostro monastero è il risultato dell’unione di vari edifici, il nostro archivio storico e il nostro DNA sono compositi e portano le tracce di quelle comunità. Ad esempio, le Clarisse portarono con sé un cospicuo numero di pergamene antiche; le Agostiniane di S. Benedetto, invece, il cosiddetto “Quadro del Voto” fatto dipingere nel 1483 come ex-voto alla Madonna dopo la peste del 1478, davanti al quale noi ci rechiamo in processione cantando le litanie in occasione delle principali festività mariane, come facevano loro.

 

Il 16 luglio 1932 entrarono a S. Caterina due giovani che ne fecero la storia: sr. M. Giuliana Camillini e sr. M. Agnese Serafini. Il monastero era rimasto debilitato materialmente e spiritualmente sia dalle soppressioni sia dalla prima guerra mondiale, e le monache riconobbero in sr. M. Giuliana la guida capace di mandare avanti la Comunità. Sarebbe passata alla storia come la “Grande Madre”, poiché lasciò un segno indelebile non solo qui a S. Caterina ma anche nella Federazione dei Monasteri Agostiniani d’Italia, di cui fu eletta prima Madre Presidente alla sua fondazione nel 1953. Durante la cena del primo incontro delle superiore nel 1952, dato il clima d’imbarazzo fra le presenti che non si conoscevano, madre Giuliana si alzò e si mise a servire per rompere il ghiaccio. Sarebbe rimasta la Presidente della Federazione fino al 1971.

Un esempio della sua statura morale lo diede accogliendo l’invito di Pio XII ad aprire le porte agli ebrei perseguitati. Alcune donne e un bambino trovarono rifugio nel nostro monastero, accanto al quale erano di stanza proprio i tedeschi. Madre Giuliana spostò quindi il proprio letto nell’atrio, dicendo: “Se entrano, trovano prima me”.

Erede di madre Camillini è stata madre Angela Tamanti (1930-2014) nella cui persona si trovavano unite intelligenza e abilità manuale, umiltà e tempra da leader, solidità e dolcezza, spirito di sacrificio e capacità di giocare; seguì i passi di madre Giuliana anche come Presidente, compito che ebbe dal 1989 al 1996. Con lo stesso spirito materno, svolse il suo servizio federale seguendo le direttive decise nelle Assemblee e ponendo molta attenzione alla situazione reale delle Comunità, che visitava spesso.

Queste due Madri furono grandi non solo grazie alla loro personalità, ma anche perché appartenevano ed erano sostenute da una Comunità che tendeva con tutte le sue forze a incarnare l’ideale agostiniano di un solo cuore e un’anima sola protese verso Dio. Il grido di battaglia di S. Caterina che ci hanno tramandato quelle donne è “Si salvi l’unità!”.

 

Madre Angela, con sguardo lungimirante, agli inizi degli anni ’90 era alla ricerca di un canale per condividere con il mondo esterno le ricchezze della tradizione e della spiritualità monastica. Il suo sogno si sposò con quello di Rita Mazzocco, capo scout di Perugia, che voleva aiutare i suoi ragazzi a sviluppare la propria interiorità. Nel maggio del 1993 si tenne nel monastero agostiniano di Bevagna (PG) il primo incontro formativo per giovani e adulti, dando vita così al “Progetto: Un Monastero nella Città”: un insieme di iniziative non solo formative ma anche spirituali, culturali, artistiche in cui monache e laici sono chiamati a collaborare e crescere in comunione. Così lo spiegava madre Angela: Oggi, questa comunità sente di avere qualcosa da offrire al mondo contemporaneo, come hanno fatto, a loro tempo, le nostre Sorelle che qui hanno vissuto. Sente che c’è sete di spiritualità, di amore, che non può ripiegarsi su stessa: la clausura, pur senza snaturarsi, si apre tramite il Progetto “Un Monastero nella Città” ad un rapporto con i giovani, con gli adulti, con tutti coloro che vogliono riflettere sui veri valori e sul senso della vita. “Scoprire – recuperare – coltivare la propria interiorità, lungo un cammino di crescita umano-spirituale sulle orme di s. Agostino” è la meta del Progetto (dal catalogo della mostra “Pregare con le mani” sull’artigianato monastico, tenutasi nel 2000 presso il Palazzo Ducale).

Nel 1996 il Progetto fu trapiantato qui a Urbino grazie alla grande capacità di mettersi in gioco dimostrata dalle nostre sorelle più anziane, e coinvolse negli anni altri monasteri e alcuni frati agostiniani. Nel 2018-19 abbiamo anche collaborato con le Sorelle Povere di Urbino, con il “Progetto: Due Monasteri nella Città… per dire DONNA”.

Punta di diamante e nostro interesse principale rimane il corso formativo, rivolto in particolare ai giovani, sia per rispondere all’emergenza educativa sia per la nostra collocazione: un monastero nella città-campus di Urbino, precisamente un monastero incastonato fra le segreterie dell’Università e il Dipartimento di Economia (l’ex-monastero di S. Benedetto) in una via che ospita altre due sedi della “Carlo Bo” e durante l’anno accademico vede un viavai instancabile di ragazzi. Infatti, per un curioso disegno della Provvidenza, il nostro monastero intitolato ufficialmente nel 1346 alla patrona degli studi nel nostro Ordine, nonché patrona delle facoltà di giurisprudenza e teologia e quindi di tutti gli universitari, si è ritrovato a motivo delle soppressioni e delle vicende storiche nel cuore dell’ateneo urbinate fondato nel 1506. Perciò il giorno di s. Caterina, il 25 novembre, è la festa degli studenti universitari, la ricorrenza liturgica in cui la nostra piccola chiesa si riempie di più insieme alla festa di s. Rita.

Nel 2018, spinte dalle problematiche sociali del nostro tempo e dalle continue richieste di intercedere per il dono di un figlio o per gravidanze a rischio, abbiamo lanciato #LuglioPerLaVita: un’iniziativa di preghiera che in questi anni si è diffusa oltre ogni previsione soprattutto tramite whatsapp, fino a diventare anche un libro, La Coroncina per la Vita, nel 2022.

 

Ne La Città di Dio il nostro Santo Padre Agostino indicava come conciliare l’amore della verità e la necessità della carità, cioè l’amore di Dio e del prossimo, la contemplazione e l’azione. Questi rimangono i due piedi e le due mani con cui vogliamo continuare a camminare verso il Regno ed essere presenza viva nella città dell’uomo di oggi.

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Pubblicato il Cose nuove e cose antiche, Monasteri, Testimonianze

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