Un tempo fondare era come sciamare: la comunità era cresciuta, non stava più negli edifici monastici, già allargati nel tempo, un gruppo sciamava. Erano 12 monaci o monache, il numero ecclesiale per eccellenza, per fondare una nuova Chiesa monastica. Dove andavano, portavano quello che avevano ricevuto come eredità: la Croce, la Sacra Scrittura, i Libri liturgici; la Regola, il libro degli Usi monastici. Tutto il loro prezioso tesoro era racchiuso qui e nei loro cuori, avendo stampato nella memoria ciò che avevano imparato nel loro apprendistato monastico (Qui parla una benedettina, ma qualcosa di simile era per tutti).
Oggi quasi nessuno può permettersi di fondare così, inviando 12 monaci. L’essenziale però rimane: portare ad altri, in spirito missionario (ecco qui il numero di 12) il tesoro ricevuto. Piantare la croce dove Dio ti manda, credere al deposito della fede vissuto nella forma monastica, viverlo fino alla morte. E più sarà solida e reale l’unità e la continuità, la fedeltà al patrimonio riconosciuto come valido e prezioso, più grande sarà la capacità di adattarlo a tempi nuovi e a genti nuove.
Oggi la situazione potrebbe presentarsi come molto diversa: due, tre monaci o monache escono dalla loro comunità perché sentono il bisogno di un cambiamento, un adattamento, meglio un rinnovamento che renda leggibile e vivibile per le nuove generazioni l’eredità monastica. In questi casi, sarà la vita stessa a verificare, attraverso le necessarie prove, l’autenticità di questo appello. A nostro avviso comunque rimane l’essenziale: la continuità del carisma in ciò che è fondamentale, e in certi casi deve essere ritrovato; l’unità della carità fra chi parte e chi resta – e, se sarà necessario, il perdono – e l’inserimento nella Chiesa sono le fondamenta su cui si costruisce.
Dopo il Concilio, molte comunità sono state formate per un impulso al rinnovamento.
Vorremmo ripercorrere la storia di un nucleo poco noto, la comunità Cistercense-Trappista di Boschi (Cuneo) nata nel 1972. Lo facciamo in occasione della morte del suo fondatore, Padre Bernardo Boldini (18/11/1930 – 05/11/2019), di cui aggiungeremo presto un profilo biografico. Qui vorremmo riproporre la storia presente sul sito di Boschi www.monasteroboschi.it e narrata con grande semplicità dallo stesso Padre Bernardo (Boschi – Madonna dell’Unione).
Per spiegare le motivazioni della fondazione, ricorre più volte nel testo l’espressione “nasceva per il desiderio di una vita più semplice”, che riecheggiava facilmente in quegli anni. Cos’era questa vita più semplice?
Talvolta è stata l’illusione post-sessantottina di eliminare i problemi riducendo o eliminando tutte le strutture; talvolta è stato invece il giusto desiderio di allentare la morsa di usi obsoleti e congelati per instaurare una vita fraterna più umana. In questo racconto, il superiore cita la propria risposta di fronte alle proposte peregrine di un gruppo di fondatori un po’ variegato e raccogliticcio: Qui non c’è nulla da inventare.
E la vita cominciò! I tre „elementi‟ messi assieme manifestarono subito la loro diversità di vedute: uno era paladino della povertà, l’altro desiderava il “digiuno eucaristico” per avere più tempo per il lavoro; P. Bernardo, in relazione con l’Abate, diceva che non c’era bisogno di inventare nulla. La semplicità della vita, a volte la mancanza di mezzi, ci avrebbero indotti (obbligatoriamente!) a prendere sul serio il contenuto della vita cistercense.
E così effettivamente fu. Il risultato è oggi una piccola ma solida comunità molto differente all’apparenza da quella da cui i fratelli sono partiti: le Tre Fontane in Roma, ma che rappresenta una nuova espressione della medesima radice. Avremo modo di metterlo meglio in luce parlando di padre Bernardo Boldini.
Monica della Volpe
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