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Spunti per riflettere? Sì, grazie!

Abbiamo ricevuto la risonanza di una nostra lettrice all’articolo che abbiamo pubblicato sulle recenti modifiche al Codice di Diritto Canonico. Pubblichiamo la lettera di Lia ben contenti di poter aprire un dialogo con gli amici che visitano il nostro Sito.

 

Sul vostro sito il 24 maggio è comparso un articolo dal titolo: Recenti modifiche al Codice di Diritto Canonico per i religiosi di cui sinceramente vi ringrazio. Perché è stato possibile, alla luce di quanto proposto, riflettere sulla mia storia, sul mio percorso di religiosa: circa 15 anni fa dopo non pochi anni di formazione ho dovuto lasciare l’Istituto in cui avevo emesso i Voti religiosi. Solo col passare del tempo, e molto più oggi, dopo aver letto la sintesi della conferenza che spiega il senso delle modifiche e delle conseguenti implicazioni nel contesto più ampio della Separazione da un Istituto, divento cosciente del fatto che c’era un Diritto che non conoscevo, che prevedeva dei diritti e dei doveri, da parte mia, certo, ma anche da parte delle mie superiore.

Per me, all’epoca, si è trattato all’inizio di un’assenza legittima, richiesta e concordata con la mia superiora, per un periodo di discernimento, senza tuttavia nulla di scritto che da una parte rendesse me responsabile dell’impegno con il mio Istituto e dall’altra tutelasse e garantisse giuridicamente la mia posizione. Penso che ciò sia avvenuto non per malizia, ma per superficialità e poca conoscenza del Diritto Canonico. Dico questo perché ricordo che venivano affrontate allo stesso modo altre situazioni simili alla mia, prima di me se n’erano andate diverse Sorelle!

Oggi posso dire che questa mancanza di «serietà» mi fece percepire un senso di «non appartenenza», come se la mia vocazione e i voti che avevo emesso e rinnovato più volte nelle mani delle mie superiore, fossero irrilevanti per loro. In un certo senso mi sentii come «abbandonata» nel mio percorso di discernimento, abbandonata da quella famiglia religiosa in cui avevo impegnato con slancio e generosità (a volte forse con presunzione!) la mia giovinezza col desiderio di rispondere al Signore. Mi rendo conto che, nel momento di difficoltà che stavo vivendo, quella modalità imprecisa da un punto di vista giuridico fu determinante per me nella scelta successiva di non ritornare.

Condivido queste cose con pace, senza voler incolpare alcuno, perché anche se il cammino non è stato facile, grazie a Dio, per me si è aperta un’altra strada dove la mia vocazione ha potuto continuare a compiersi e di questo posso solo ringraziare. Voglio però confermare che veramente questo è

Un tema delicato, di cui si parla poco. È necessaria una formazione sempre più approfondita ed adeguata alle problematiche attuali, ed anche un aiuto successivo alle dimissioni che non sono senza gravi e dolorose conseguenze (solitudine e abbandono dei consacrati). È un dovere accompagnare i religiosi in difficoltà e in situazione di dolore.

Ho conosciuto negli anni vicende ben più dolorose della mia, come quella di una giovane monaca straniera, una persona che stimo molto: laboriosa, generosa e schietta. Ha fatto formazione ed è stata professa solenne per diversi anni in una comunità italiana, dove era impegnata nei lavori più umili e pesanti, sempre col sorriso. Purtroppo un giorno risponde a un’osservazione della superiora in modo impaziente e…ahimè, pubblicamente! Da quel momento viene isolata ed esclusa dalle sorelle, dalla comunità. Non valgono richieste di perdono alla superiora e alla Comunità, né le pubbliche penitenze… l’isolamento perdura. Finché la giovane si reca dalla superiora e le chiede se vuole che se ne vada. La superiora risponde affermativamente e alla domanda della Monaca: che cosa devo fare? La superiora la invita a scrivere sotto dettatura la richiesta di Dimissione dai Voti. La sorella obbedisce, scrive quel che le vien dettato e la richiesta viene presto accolta dalla Santa Sede. La porta del monastero si apre per far uscire per sempre questa giovane sorella straniera con pochi soldi in tasca e si richiude alle sue spalle!

Ancora nell’ articolo da voi pubblicato si trova scritto:

Expedit ut iura personarum apte definiantur atque in tuto ponantur. É necessario che i diritti delle persone siano ben definiti e posti al sicuro. L’uso della potestà all’interno della chiesa non può essere arbitrario – spiega l’avvocato – ciascun fedele deve avere la possibilità di tutelare i propri diritti. Il diritto di difesa deve poter essere tutelato e rispettato.

Ma quanti fedeli, consacrati, magari stranieri sono in grado di conoscere quelli che sono i propri diritti per poterli correttamente rispettare e tutelare? Quanti formatori e superiori hanno cura di conoscere e di far conoscere anche il Diritto Canonico che per altro oggi è soggetto a continue modifiche? E, soprattutto, quanti, in caso di procedure scorrette, sarebbero in grado di avere i mezzi per difendersi e fare ricorso?

Mi sembra che sia un’urgenza quella di imparare a riflettere, a prendere consapevolezza per assumersi il dovere di formarsi e di formare, non solo in-formare.

Perciò vi ringrazio del vostro servizio e vi chiedo: continuate a fornirci spunti!

                                                                                                                                  Lia Rognoni

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Pubblicato il Riflessioni, Testimonianze

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